
Negli ultimi tempi, l'Intelligenza Artificiale (IA) è diventata una presenza sempre più pervasiva nel dibattito scientifico, tecnologico e persino culturale. Il suo fascino risiede nella promessa di poter automatizzare compiti complessi, analizzare grandi quantità di dati e, in alcuni casi, persino simulare aspetti del pensiero umano. Di conseguenza, non sorprende che anche la psicologia ambientale abbia iniziato a guardare all'IA con crescente interesse.
Sempre più spesso mi capita di leggere ricerche e considerazioni in ambito di psicologia ambientale in parte incentrate sulla IA, o addirittura fondate sulla IA. Questo avviene sia come strumento di analisi, per esempio nell'analisi di immagini o dati testuali, sia come modello per comprendere i processi cognitivi e decisionali legati alla percezione e alla fruizione degli spazi. L'entusiasmo che circonda l'IA è palpabile, spesso vista come una "rivoluzione" in grado di risolvere problemi complessi e aprire nuove frontiere nella ricerca.
Tuttavia, credo sia fondamentale mantenere un approccio cauto e riflessivo. L'IA, per quanto potente, non è una panacea universale. Il rischio di incorrere in semplificazioni eccessive, interpretazioni fuorvianti o di sopravvalutare le capacità attuali (in futuro chissà) di questa tecnologia è concreto.
Qui mi propongo di esplorare criticamente il ruolo dell'IA nella psicologia ambientale, con l'obiettivo di stimolare una riflessione aperta e costruttiva. Vorrei analizzare le potenzialità dell'IA, ma anche i suoi limiti attuali, per evitare di cadere in un "determinismo tecnologico" acritico.

L'IA come strumento: potenzialità e rischi
È innegabile che l'IA possa essere uno strumento prezioso per il ricercatore in psicologia ambientale. La sua capacità di analizzare grandi quantità di dati, siano essi immagini, testi, dati comportamentali o di altro tipo, permette di identificare pattern e correlazioni che sfuggono all'analisi umana. Per esempio, l'IA può essere utilizzata per analizzare le preferenze spaziali delle persone a partire da dati di navigazione, oppure per simulare ambienti virtuali in cui studiare le reazioni emotive a diverse configurazioni ambientali.
Tuttavia, è essenziale essere consapevoli dei rischi connessi all'utilizzo dell'IA come strumento. In primo luogo, dobbiamo considerare i forti bias presenti nei dati su cui l'IA viene addestrata. Se questi dati riflettono pregiudizi o distorsioni, l'IA li riprodurrà, potenzialmente amplificandoli. Inoltre, vi è il rischio di un certo riduzionismo: la complessità dell'esperienza umana non può essere ridotta a semplici variabili misurabili e quantificabili, tralasciando aspetti importanti come le emozioni, i significati simbolici e i contesti sociali. Infine, non dobbiamo dimenticare che spesso il funzionamento interno degli algoritmi di IA è opaco, una vera e propria "scatola nera", il che rende difficile capire come arrivano a determinate conclusioni e quindi validare i risultati ottenuti.

L'IA come modello: una metafora (pericolosa)
Un aspetto ancora più delicato è l'uso dell'IA come modello per comprendere la mente umana. Alcuni ricercatori tendono a equiparare il funzionamento dell'IA, soprattutto dei modelli di deep learning, a quello del cervello umano. Si arriva a parlare di "reti neurali artificiali" e di "apprendimento profondo", quasi a suggerire una corrispondenza biunivoca tra i due sistemi.
Questa è, a mio avviso, una semplificazione eccessiva e potenzialmente fuorviante. Il cervello umano è un sistema estremamente complesso e dinamico, influenzato da fattori biologici, culturali, sociali e individuali. È il risultato di un lungo processo evolutivo e di apprendimento, e possiede capacità uniche come il pensiero creativo, il pensiero critico e l'autoconsapevolezza. L'IA attuale, per quanto sofisticata, è ancora molto lontana da questa complessità.
Equiparare l'IA al cervello umano significa adottare una visione meccanicistica della mente, riducendola a un insieme di algoritmi e processi computazionali ma sono proprio i numerosi studi ad aver dimostrato come la mente sia ben più di un calcolatore. Questo approccio rischia di trascurare la ricchezza e la specificità dell'esperienza umana, con il rischio di sviluppare modelli teorici riduttivi e inadeguati.

Il rischio per la credibilità del settore
L'utilizzo non opportuno dell'IA nella ricerca in psicologia ambientale, o in discipline affini, comporta un rischio concreto per la credibilità del settore stesso. Se i risultati ottenuti tramite l'IA non vengono validati con metodi rigorosi e trasparenti, si rischia di generare informazioni fuorvianti o conclusioni errate. Inoltre, se si ha l'impressione che l'IA venga utilizzata per "dimostrare" tesi preconcette, semplicemente fornendo prompt adeguati o sfruttando l'accondiscendenza di alcune IA, si mina la fiducia nella ricerca scientifica. Al momento le IA non solo sono fortemente influenzate dal prompt con cui si interagisce con esse (utilizzare una parola anzichè un'altra, o un ordine diverso delle parole, porta a risultati molto diversi di risposta) ma anche in presenza dello stesso identico imput, restituisce risultati anche molto diversi tra loro, dimostrando una componente casuale.
Esperimenti e considerazioni
A questo proposito, vorrei condividere alcune mie esperienze dirette con l'utilizzo di IA per l'analisi di immagini e la generazione di contenuti: Ho provato a sottoporre la stessa immagine sia a diverse IA che più volte (tre) alla stessa (GPT4o, GPTo1, Gemini 1.5, e Gemini 2.0), chiedendo di identificare la presenza di specifici pattern legati al biophilic design, con particolare attenzione a quelli che, secondo la letteratura, favoriscono il benessere e la connessione con la natura (i 14 pattern di Terrapin-Bright). I risultati ottenuti sono stati discordanti, con solo GPTo1 ad aver dato sempre le medesima classificazione, mentre le altre IA hanno fornito risposte sempre molto diverse a testimonianza del fatto che le IA, allo stato attuale, non sono sempre in grado di riconoscere questi tipi di pattern complessi e specifici e sopratutto non sempre in modo univoco.
Inoltre, sempre utilizzando sia diverse IA che più volte (tre) la medesima (GPT4o e Gemini 2.0) ho chiesto di generare un'immagine che stimolasse il rilassamento cognitivo, senza fornire altre indicazioni specifiche. Anche in questo caso, i risultati (alcuni esempi presenti qui sotto) sono stati molto diversificati: quasi sempre con elementi naturali, ma a volte era presente del verde, mentre altre no, a volte c'era una preponderanza dell'elemento acquatico altre molto meno e la palette cromatica è stata molto variegata. Questo suggerisce che la generazione di immagini da parte delle IA, pur essendo un processo affascinante, rimane ancora in gran parte "casuale" e non sembra basarsi sempre su una creazione di contenuti evidence-based o in questo caso su una reale comprensione dei principi scientifici che promuovono il rilassamento cognitivo.
(alcune immagini realizzate con il medesimo prompt)
Conclusioni
L'IA è uno strumento potente che può offrire un contributo significativo alla psicologia ambientale, ma è essenziale utilizzarlo con cautela e consapevolezza dei suoi limiti. Dobbiamo evitare di cadere in un "determinismo tecnologico", ovvero nella convinzione che l'IA possa risolvere tutti i problemi, compresi quelli legati alla comprensione della mente umana e dell'ambiente, per lo meno non allo stato tecnologico attuale.
È necessario promuovere un approccio interdisciplinare, che integri le potenzialità dell'IA con le conoscenze provenienti da altre discipline, come la psicologia, le neuroscienze, la filosofia e le scienze sociali. Solo attraverso un dialogo aperto e costruttivo tra diverse prospettive potremo esplorare il ruolo dell'IA in modo critico e responsabile.
Infine, vorrei sottolineare l'importanza del pensiero critico e della riflessione etica nell'utilizzo dell'IA, soprattutto in un campo delicato come la psicologia ambientale, che riguarda il benessere umano e la relazione con l'ambiente. Il futuro della ricerca in questo ambito dipenderà dalla nostra capacità di utilizzare l'IA in modo intelligente, senza cedere a facili entusiasmi o a rischiose semplificazioni.
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