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Biofilia da vivere: il prefabbricato come casa di un futuro possibile

  • Immagine del redattore: Matteo Manzi
    Matteo Manzi
  • 9 ott
  • Tempo di lettura: 6 min

Quando si parla di connessione con la natura in ambito architettonico la mente corre spesso a spazi di vacanza o retreat immersi nella natura: luoghi dove rallentare, respirare aria pulita, dormire con il suono del vento tra gli alberi. Ma cosa accadrebbe se quella stessa qualità potessimo portarla nella nostra vita quotidiana? Se non fosse necessario ritirarsi nei boschi o nelle colline per vivere una casa capace di farci stare bene? Dopo la lettura di un articolo l'altra sera vorrei fare una riflessione su un tema che oggi sembra tanto promettente quanto incompreso: la casa prefabbricata come spazio di benessere reale, sostenibile e soprattutto accessibile.


In un periodo in cui la parola "sostenibilità" è ovunque, si tende spesso a misurarla solo in termini di efficienza energetica o riduzione delle emissioni. Ma a mio avviso, la sostenibilità autentica, quella che incide sulla qualità della vita, non può prescindere dalle persone: dal loro benessere psicologico, dal comfort sensoriale, ma anche dalla possibilità concreta di permettersi certe soluzioni. Una casa che favorisce la salute, il riposo e la connessione con la natura è davvero sostenibile solo se è anche accessibile e culturalmente comprensibile. Ed è qui che il caso di Cabin ANNA diventa un punto di partenza ideale.


Cabin ANNA: la casa che si apre alla natura


Cabin ANNA nasce nei Paesi Bassi dal desiderio di riportare la vita quotidiana a un contatto diretto con la natura. È una casa che letteralmente si muove: gusci scorrevoli in legno e vetro si aprono e si chiudono seguendo il ritmo delle stagioni, consentendo di vivere l’ambiente come un organismo vivente. Quando è chiusa, offre protezione e intimità; quando si apre, dissolve il confine tra interno ed esterno, lasciando che aria, luce e odori entrino liberamente nello spazio abitato.


Dal punto di vista del biophilic design, ANNA è un piccolo manifesto: il controllo dinamico della luce naturale, la presenza costante di materiali caldi e tattili, la ritualità e la lentezza del gesto di aprire e chiudere le pareti, un'azione che diventa quasi meditativa, tutto concorre a creare una connessione autentica con l'ambiente circostante. Ogni componente invita a vivere il tempo in modo più consapevole: a percepire il mutare delle stagioni, a regolare la temperatura con gesti manuali, a ricordarsi che il comfort non è solo una questione di impianti, ma anche di relazione.


Eppure, il sogno di ANNA ha un costo. Il modello standard, chiamato semplicemente Cabin ANNA, parte da circa 412 mila euro, mentre la versione più compatta, ANNA Beetle, si aggira sui 249 mila. Sono cifre che, pur giustificate da una progettazione complessa e da materiali di altissima qualità, ci obbligano a porci una domanda: se il benessere ambientale resta un privilegio di pochi, possiamo ancora definirlo sostenibile?



GlamBOX: dalla spettacolarità alla quotidianità


Il fascino di ANNA è innegabile, ma il suo valore più grande non è tanto la forma o la tecnologia, quanto l’idea che rappresenta: una casa che respira con noi. Un concetto che non deve restare confinato ai cataloghi di lusso, ma può e deve ispirare un modo più naturale di abitare, anche in Italia. In questo senso, esempi come GlamBOX dello studio Officina82 offrono uno spunto prezioso.


Realizzata in legno di castagno locale, GlamBOX è una micro-cabina di 15 metri quadrati progettata per ridurre al minimo l’impatto sul suolo e massimizzare la continuità con il paesaggio. I grandi pannelli scorrevoli permettono di regolare luce, privacy e ventilazione, creando una sensazione di apertura che dilata lo spazio. Non si tratta di un prodotto industriale come ANNA, ma di un progetto site-specific, pensato per integrarsi nel contesto naturale con leggerezza e rispetto.


Ciò che rende GlamBOX interessante non è solo la sua estetica, ma il suo messaggio: che la semplicità è già una forma di lusso. Che il benessere ambientale non ha bisogno di meccanismi sofisticati per esistere, ma di una progettazione sensibile e coerente, e soprattutto che questi principi, se adattati, possono ispirare anche case vere, abitate tutto l’anno, non solo spazi di vacanza o ospitalità temporanea.



Il prefabbricato come opportunità abitativa reale


Oggi, una casa prefabbricata in legno o in bioedilizia non è più un sogno nordico. Le tecnologie costruttive hanno raggiunto un livello di maturità tale da consentire edifici salubri, antisismici, efficienti e longevi. Eppure, nel contesto italiano, la percezione è ancora ferma a qualche decennio fa: per molti, il prefabbricato è sinonimo di temporaneo, provvisorio, addirittura fragile.


In realtà, i prefabbricati moderni sono tutt’altro: strutture solide, progettate per durare, che offrono prestazioni energetiche elevate e comfort ambientale di livello superiore. A livello sensoriale, vivere in una casa in legno è un’esperienza completamente diversa: l’odore dei materiali naturali, la capacità del legno di regolare l’umidità, la sensazione di calore diffuso e il suono ovattato che attenua il rumore esterno. Tutti elementi che contribuiscono a quella che, in psicologia ambientale, viene definita restorativeness: la capacità di un ambiente di favorire il recupero mentale e fisiologico.


Eppure, il vero ostacolo non è tecnico, ma culturale e amministrativo. Un episodio personale può forse chiarire meglio il problema: Alcuni nostri amici avevano deciso di costruire la loro casa in bioedilizia sulle alture a sud di Firenze. Avevano trovato un terreno, un progetto sostenibile e un'impresa specializzata, ma dopo mesi di tentativi hanno dovuto desistere: non tanto per i costi, quanto perché nessuno, tra uffici comunali e tecnici locali, sapeva bene come gestire le pratiche.


Non è un caso isolato: molti comuni italiani non hanno procedure chiare per l’edilizia prefabbricata in legno, o la considerano ancora un’eccezione. Questo scoraggia chi vorrebbe fare scelte più sostenibili e rallenta la diffusione di una cultura dell'abitare diversa. Non è la tecnologia a mancare, ma la competenza e la fiducia.


esempio di casa prefabbricata

Una diffidenza tutta italiana


La casa prefabbricata, soprattutto in legno, porta ancora addosso un pregiudizio radicato. L’idea della solidità è ancora legata alla pietra, al cemento, al concetto di massa. Una casa leggera viene percepita come fragile, quasi effimera. Eppure, chi vive in un prefabbricato ben progettato sa che è esattamente il contrario: la leggerezza costruttiva non è sinonimo di debolezza, ma di efficienza e adattabilità.


La diffidenza, in realtà, ha radici psicologiche. La casa in muratura rappresenta, nell’immaginario collettivo, la sicurezza, la stabilità, l’idea di qualcosa che durerà "per sempre" (concetto totalmente innaturale ma molto radicato in noi). Cambiare paradigma significa mettere in discussione non solo un modello costruttivo, ma una cultura dell'abitare e come ogni cambiamento culturale, richiede tempo, esempi concreti e comunicazione puntuale e costante.


Da qui l’importanza di raccontare esperienze positive, di mostrare che abitare in bioedilizia non è un ripiego, è una scelta qualitativa. È vivere in un ambiente dove la temperatura è più stabile, l’aria più pulita, i ritmi più naturali e dove la connessione con l'esterno non è solo visiva, ma anche sensoriale e simbolica.


Serve però, anche un cambiamento nelle amministrazioni: procedure più snelle, regolamenti aggiornati, incentivi che premino non solo l'efficienza energetica ma anche la salubrità e la qualità ambientale. Perché finché un cittadino deve spiegare al Comune cosa sia una casa prefabbricata, il messaggio di sostenibilità rimarrà inascoltato.


Dalla casa al sistema: rendere il benessere accessibile


Cabin ANNA e GlamBOX ci insegnano che la biofilia è molto più di una moda architettonica: è un modo di pensare lo spazio come estensione del nostro equilibrio interiore. È la consapevolezza che la luce naturale regola i nostri ritmi, che la vista del verde abbassa la frequenza cardiaca, che i materiali vivi favoriscono concentrazione e calma. Ma ci insegnano anche un'altra cosa: che tutto questo non deve restare appannaggio di pochi progetti iconici.


Rendere la biofilia accessibile significa semplificare. Significa progettare spazi che, pur senza meccanismi complessi o budget elevati, permettano di vivere la natura ogni giorno. Case dove le aperture siano pensate per far entrare la luce da più direzioni, dove il legno non sia un vezzo estetico ma un materiale strutturale, dove una pergola, una soglia o un giardino interno diventino parte della quotidianità.


Molte delle soluzioni applicate in progetti come ANNA o GlamBOX sono replicabili con poche risorse: l’uso di materiali locali, la ventilazione naturale incrociata, il controllo della luce tramite scuri o schermature mobili, la continuità visiva con il paesaggio. Sono principi di base, ma la loro applicazione è ancora troppo rara nell'edilizia tradizionale.


La casa biofilica, nel senso più autentico, non è quella con il tetto verde o la parete vetrata, ma quella che permette a chi ci vive di sentirsi parte di un ecosistema e questo può avvenire in una villetta di legno in collina come in un appartamento di città, se si impara a guardare alla natura non come decorazione, ma come relazione.


esempio reale di casa prefabbricata

Una casa che respira con noi


Il benessere ambientale non può essere elitario. Parlare di sostenibilità significa parlare di equità, di accesso, di cultura dell'abitare. La casa del futuro non è necessariamente high-tech o iperconnessa, ma una casa capace di adattarsi ai ritmi di chi la vive e di dialogare con l'ambiente in modo sensibile.


Progetti come Cabin ANNA o GlamBOX sono importanti perché ci mostrano dove possiamo arrivare, ma il passo successivo deve essere quello di rendere questi principi diffusi, comprensibili e desiderabili per tutti. Una casa che respira con noi, che filtra la luce, che ci fa sentire parte di qualcosa di più grande: questo dovrebbe essere l’orizzonte del design biofilico.


Forse la vera sostenibilità non sta nel legno o nell’acciaio, ma nella possibilità di rendere tutto questo abitabile per tutti. Nel giorno in cui costruire una casa sana e immersa nella natura sarà una scelta normale, e non straordinaria, potremo dire di aver davvero portato la biofilia a casa nostra.

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