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Oltre il cantiere: attivare il benessere in azienda prima di abbattere i muri

  • Immagine del redattore: Matteo Manzi
    Matteo Manzi
  • 11 minuti fa
  • Tempo di lettura: 6 min

grafica di un ufficio divisa a metà tra grafica wireframe e fotorealistica

Spesso, quando si parla di certificazioni come il protocollo WELL, di interventi di biophilic design o più in generale di benessere in azienda, la prima immagine che viene in mente all'imprenditore o al Facility Manager è quella del cantiere: polvere, rumore, installatori ovunque, uffici inagibili e, soprattutto, budget significativi.


È un pregiudizio diffuso: BENESSERE = LUSSO. Si tende a pensare che la salute psicofisica negli spazi di lavoro sia un privilegio riservato alle grandi multinazionali della Silicon Valley, quelle con i campus futuristici, la sale giochi e le palestre interne (anche perché fin troppo spesso nei corsi e webinar è quello che viene mostrato).

La realtà, fortunatamente, è diversa e molto più accessibile.


Se banalmente analizziamo la lista dei requisiti per ottenere la certificazione WELL, scopriamo che una parte sostanziale del punteggio non deriva dall'architettura nuda e cruda, ma da due leve spesso sottovalutate: le Operations (come gestiamo lo spazio) e le Policy (le regole e la cultura che abitano lo spazio).


Possiamo immaginare l'ambiente di lavoro come un computer: l'architettura è l'hardware, mentre le policy aziendali sono il software. Certo, avere un hardware di ultima generazione aiuta, ma far girare un software obsoleto, lento o "buggato" su una macchina potente rende l'esperienza utente frustrante e il sistema inefficace.

In questo articolo esploreremo come aggiornare il "software" della vostra azienda. Vedremo quali strategie suggerisce il WELL per migliorare il benessere, ridurre il carico cognitivo e aumentare la produttività, intervenendo sulle regole, sulla cultura e su piccoli adattamenti, prima ancora di chiamare l'impresa edile.


1. Aria: Respirare meglio senza rifare l'impianto


La qualità dell'aria è uno dei fondamenti della salute cognitiva. Studi della Harvard T.H. Chan School of Public Health hanno dimostrato che elevati livelli di CO2 riducono drasticamente le capacità decisionali strategiche. Spesso si pensa che l'unica soluzione sia sostituire le Unità di Trattamento Aria (UTA), ma si può agire subito con strumenti più agili.


Il primo passo è la consapevolezza: monitorare. L'installazione di piccoli sensori di CO2 e particolato (PM2.5), dispositivi stand-alone che non richiedono cablaggi, permette di capire quando l'aria è viziata. È un intervento a basso costo che guida un comportamento semplice: aprire le finestre al momento giusto. Questo riduce il rischio della Sick Building Syndrome (Sindrome dell'edificio malato), caratterizzata da mal di testa e letargia.


Se l'ambiente è piccolo o privo di ricambi d'aria meccanici performanti si puà optare per l'uso di purificatori d'aria portatili dotati di filtri HEPA e carboni attivi. Sono soluzioni "plug-and-play" che abbattono virus e inquinanti senza toccare i soffitti.

Infine, la policy più efficace è a costo zero: il divieto assoluto di fumo (anche elettronico) non solo negli interni, ma esteso alle zone limitrofe agli ingressi e alle finestre, per evitare il rientro passivo degli inquinanti.


sensore di CO2 in primo piano con un purificatore di sfondo in un ufficio

2. Nutrizione: l'architettura delle scelte


L'ambiente alimentare in ufficio influenza direttamente i picchi glicemici e, di conseguenza, i cali di attenzione post-prandiali. Qui l'intervento è puramente gestionale e di "Nudging" (la teoria della spinta gentile).


Non serve una mensa stellata. Si inizia rivedendo i contratti con i fornitori dei distributori automatici: ridurre la presenza di cibi ultra-processati e ricchi di zuccheri semplici a favore di opzioni biologiche, frutta secca o fresca, e porzioni bilanciate.


L'attenzione alle diverse esigenze dietetiche (allergie, intolleranze, scelte etiche o religiose) è una forma di inclusione che riduce lo stress sociale durante i pasti.

Promuovere la consapevolezza organizzando corsi trimestrali di educazione alimentare permette di costruire una cultura del benessere a lungo termine, che si prolunga anche nella vita privata.


3. Movimento: Combattere la sedentarietà con la cultura


La sedentarietà è uno dei rischi maggiori per la salute moderna. Se è troppo oneroso “abbellire” le scale per invitare al movimento, possiamo lavorare sulla segnaletica e sugli incentivi.


L'uso delle scale esistenti può essere incentivato con grafiche accattivanti, un uso intelligente del colore o indicazioni chiare che le rendano un'opzione preferibile all'ascensore (anche qui, spinta gentile).


Anche la disposizione degli arredi conta: installare i distributori dell'acqua o le stampanti lontano dalle postazioni obbliga a micro-passeggiate, che riattivano la circolazione e, allontanando le fonti di rumore e calore dalle scrivanie, migliorano il comfort acustico.


A livello di benefit, fornire o sovvenzionare ai dipendenti wearable devices (band per il monitoraggio dei passi) o convenzioni con palestre locali crea un mindset orientato all'attività. Ma la vera rivoluzione è culturale: legittimare la pausa attiva. Se un dipendente si sente giudicato perché si alza per 5 minuti ogni ora, non si muoverà. Istituzionalizzare pause attive o riunioni in piedi (standing meetings) è una policy a costo zero con un ROI altissimo sulla salute cardiovascolare.


dipendente felice che sta posizionando un piccolo ventilatore in fronte a se

4. Comfort Termico: oltre il termostato unico


Il comfort termico è soggettivo e dipende da variabili fisiologiche impossibili da standardizzare per tutti (il cosiddetto PMV - Predicted Mean Vote). Invece di combattere guerre sul termostato centrale, il WELL suggerisce di dare controllo all'individuo.


Una policy di abbigliamento flessibile, che permetta ai dipendenti di vestirsi in modo adeguato alla propria percezione termica svincolandosi da dress code rigidi, è il primo passo. Inoltre, fornire o permettere l'uso di dispositivi personali a basso consumo (piccoli ventilatori da scrivania o coperte termiche personali) che non impattino su gli altri, restituisce al lavoratore il senso di controllo sul proprio ambiente (Perceived Control), riducendo lo stress.


5. Suono: galateo e zone rifugio


Il rumore è costantemente citato come la prima causa di distrazione negli open space. Se i pannelli fonoassorbenti a soffitto richiedono installazione, esistono soluzioni più "soft".


L'uso di tende fonoassorbenti alle finestre (invece di tessuti leggeri) e l'adozione di divisori mobili a piantana permettono di spezzare la propagazione dell'onda sonora e di riconfigurare lo spazio secondo necessità.


Tuttavia, anche qui la tecnologia e le regole giocano un ruolo chiave. L'installazione di rilevatori di rumore con feedback visivo (es. una luce che diventa rossa se il volume della stanza supera una soglia accettabile) educa i team all'autoregolazione, purché il dispositivo sia percepito come un aiuto e non come uno strumento punitivo.


A livello organizzativo, è fondamentale una policy chiara per le call: definire dove si possono fare e dove no, programmare un' "ora di silenzio" giornaliera dove le interruzioni sono bandite, e fornire cuffie con cancellazione attiva del rumore. Attenzione però: l'uso delle cuffie deve essere regolamentato per evitare l'isolamento sociale alienante; devono essere uno strumento di concentrazione temporanea, non un muro perenne.


lavoratrice con indosso una cuffia con soppressione del rumore

6. Materiali e Igiene: l'invisibile che conta


Spesso trascuriamo ciò che non vediamo o che diamo per scontato. I prodotti per la pulizia sono una delle fonti primarie di composti organici volatili (VOC) negli uffici. Implementare un piano di pulizie che preveda protocolli specifici (es. aspirapolvere con filtri HEPA, prodotti ecolabel, stoccaggio separato dei chimici) migliora la qualità dell'aria senza alcun intervento edile.


Parallelamente, la gestione dei rifiuti non è solo una questione ecologica, ma psicologica. Avere protocolli chiari, ruoli definiti e strategie per minimizzare i rifiuti aumenta il senso di responsabilità civica e l'ordine percepito dell'ambiente. Un ambiente ordinato riduce il carico visivo e lo stress.


7. Mente: supporto psicologico e sicurezza


Qui sicuramente è dove il reparto HR ha più potere d'azione.

Le iniziative spaziano dalla formazione per de-stigmatizzare la salute mentale (corsi per manager e dipendenti), all'offerta di programmi di mindfulness settimanali. Ma la prevenzione passa anche per l'organizzazione del lavoro: definire orari equilibrati che rispettino il diritto alla disconnessione e politiche di gestione dello stress.


Offrire screening gratuiti, supporto per la cessazione del fumo o assistenza per la dipendenza da sostanze sono segnali forti di un'azienda che si prende cura della persona a 360 gradi.


8. Comunità: inclusione e appartenenza


Un ambiente di lavoro sano è un ambiente equo. Questo si traduce in comunicazioni trasparenti e regolari sulle risorse disponibili, ma anche in un coinvolgimento attivo (tramite charrette o workshop partecipativi) dei dipendenti nelle decisioni che riguardano il loro spazio e la loro salute.


Policy avanzate come l'estensione dei congedi parentali anche per i neopapà, congedi più estesi per il lutto, la trasparenza retributiva e protocolli rigidi contro le discriminazioni creano quella "sicurezza psicologica" necessaria affinché le persone possano performare al meglio senza paura. Anche fornire opportunità di volontariato locale può servire a connettere l'azienda (e chi ci lavora) al territorio, rafforzando il senso di scopo (purpose).


dipendenti e persone della comunità davanti ad una vetrata con post-it e note che collaborano

Approccio incrementale


Tutte le strategie elencate hanno un comune denominatore: non richiedono demolizioni, ma richiedono visione e una collaborazione di intenti volti al benessere.


Implementare queste policy e questi piccoli interventi operativi serve a preparare il terreno. Senza una cultura del benessere radicata nelle regole e nei comportamenti (il Software), anche l'ufficio più bello e certificato del mondo rischia di diventare una "cattedrale nel deserto": uno spazio perfetto sulla carta, ma abitato da persone stressate che non sanno o non possono usarlo.


Tuttavia, bisogna essere onesti: le policy hanno un limite. Arriverà il momento in cui, per quanto la cultura sia evoluta, l'ambiente fisico potrebbe diventare un ostacolo insormontabile (un'acustica strutturalmente pessima, una mancanza totale di luce naturale, ecc). Iniziare dalle policy è il primo passo fondamentale per mappare i bisogni reali e capire dove e come sarà necessario investire nel design domani.


Per fare questo, non basta il buon senso. È fondamentale il ruolo di una figura specialistica capace di leggere trasversalmente l'azienda: un professionista che sappia dialogare sia con l'HR che con il Facility Manager, analizzando l'ambiente con gli occhi della psicologia ambientale e del protocollo WELL, per cucire su misura una strategia che integri spazio, mente e organizzazione.

 

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