top of page

Piazze: spazi di passaggio o luoghi vissuti dalla comunità?

  • Immagine del redattore: Matteo Manzi
    Matteo Manzi
  • 21 ago
  • Tempo di lettura: 4 min

Le piazze hanno rappresentato per secoli il cuore pulsante delle città. Erano luoghi di mercato, di incontro e di socialità, spazi in cui la vita comunitaria trovava la sua massima espressione. Nel contesto urbano, la piazza è sempre stata più di un vuoto architettonico, di una maestosa prospettiva: è memoria collettiva, scenario di eventi storici, centro di scambi commerciali e culturali. Tuttavia, con il passare del tempo, molte di queste aree hanno perso la loro funzione originaria. La trasformazione delle abitudini sociali, l’avvento di nuovi spazi di consumo come i centri commerciali, e un certo approccio all’urbanistica hanno reso alcune piazze luoghi di passaggio piuttosto che di sosta. Le recenti riqualificazioni, spesso pensate per restituire ordine e modernità, hanno accentuato questa tendenza. Superfici dure, lisce e geometriche, inni alla bellezza formale, restituiscono un aspetto “nuovo” ma raramente invitano a restare, a vivere realmente quel luogo. Sorge quindi una domanda centrale: come restituire queste piazze alle persone, facendole tornare spazi vissuti e centrali nella vita comunitaria?



Il paradosso delle riqualificazioni moderne


Molti interventi contemporanei rispondono all’idea che modernizzare significhi semplificare, rimuovere elementi naturali e ridurre l’arredo urbano al minimo (il "less is more" che sta appiattendo tutto). Così, laddove prima vi erano alberi e aree d’ombra, oggi si trovano spianate di cemento o pietre (molto costose) che, nelle ore calde, diventano vere e proprie “isole di calore”. Le panchine, quando presenti, sono poche, spesso scomodissime e distribuite in modo da non incentivare la socializzazione. Mancano spesso spazi pensati per i bambini, fontane o punti d’acqua, piccole zone per la sosta o per attività informali. Un esempio evidente che mi è capitato di vedere di recente è piazza della Repubblica a Livorno, la cui estensione imponente potrebbe essere occasione di vitalità ma che, nella sua veste moderna, appare più come uno spazio scenografico che come un luogo di comunità. Lo stesso accade in piazza Tancredi a Cuneo, dove la linearità del disegno architettonico prevale su qualsiasi elemento di comfort. In entrambi i casi, la piazza resta funzionale a eventi occasionali, come il mercato settimanale o le manifestazioni, ma fatica a essere vissuta quotidianamente.



Vincoli e possibilità


È vero che le piazze storiche sono soggette a vincoli architettonici e paesaggistici. Non si possono inserire liberamente grandi coperture o modifiche permanenti, e la tutela del patrimonio storico è un valore imprescindibile. Tuttavia, questi vincoli non dovrebbero essere una scusa per rinunciare alla vivibilità. Esistono soluzioni reversibili, leggere e non invasive che possono arricchire lo spazio senza comprometterne la natura storica. Grandi fioriere mobili, ad esempio, possono portare verde e ombra senza alterare la struttura architettonica. Coperture leggere, rimovibili, possono offrire riparo dal sole in estate. L’arredo urbano mobile consente di adattare la piazza a diversi usi e configurazioni, mantenendo la flessibilità necessaria per ospitare mercati o eventi. Piccoli interventi, apparentemente secondari, possono avere un impatto significativo sulla percezione e sull’utilizzo dello spazio.


Un confronto utile


A Cuneo, il confronto tra piazza Tancredi e piazza Europa è emblematico. La prima è il classico esempio di piazza d'armi, dove prevale l’ordine formale ma scarseggiano gli elementi di comfort (panchine ridotte al minimo). La seconda invece, per quanto architettonicamente ormai datata, ospita grandi alberi, aiuole, una fontana e numerose panchine ombreggiate. Elementi semplici, ma in grado di trasformare radicalmente la fruizione: piazza Europa è frequentata quotidianamente, non solo per eventi specifici, ma anche per brevi pause, momenti di socialità o semplici passeggiate. Questo esempio dimostra come l’inserimento di vegetazione, acqua e arredi urbani possa stimolare la permanenza, creando un luogo non solo da attraversare, ma da vivere. Non serve stravolgere un progetto: bastano scelte mirate per orientare il comportamento delle persone.



Psicologia ambientale e benessere urbano


Il legame con la psicologia ambientale è diretto. Gli spazi pubblici influenzano il comportamento, la percezione e persino lo stato emotivo delle persone. Una piazza spoglia, senza ombra e senza verde, può generare un senso di vuoto, di transitorietà, inducendo le persone a non fermarsi. Al contrario, elementi naturali e arredi confortevoli attivano dinamiche di socialità, invitano alla sosta, stimolano la curiosità e la contemplazione. Qui entra in gioco il biophilic design, che riconosce l’importanza del contatto con la natura anche in contesti urbani. Ombra, vegetazione, acqua e luoghi di seduta non sono semplici dettagli estetici, ma veri strumenti di restorative design: contribuiscono a rigenerare non solo il fisico, ma a ridurre lo stress e a migliorare il benessere psicofisico. La micro-riparatività, ovvero la capacità di un ambiente di offrire brevi momenti di ristoro e rigenerazione, può esistere anche in una piazza. Una fontana che produce suoni naturali, un albero che offre riparo e l'ombra delle foglie in movimento, una panchina che consente di osservare la vita cittadina sono esempi di piccole opportunità di benessere. Spazi così concepiti non solo migliorano la qualità della vita quotidiana, ma rafforzano anche il senso di comunità, un elemento che si sta perdendo con la modernità.


piazza tancredi a cuneo reimmaginata

Preservazione, riqualificazione o rivitalizzazione?


Riqualificare una piazza non dovrebbe significare soltanto rinnovarne la superficie o conferirle un aspetto "pulito" e moderno. Una piazza è bella se è vissuta, se diventa nuovamente luogo di incontro e di identità. Questo non richiede progetti faraonici: bastano ombra, verde, acqua (se possibile), panchine e spazi per i bambini per rendere una piazza accogliente, vivibile e funzionale. Non si tratta di opporsi alla modernità o ai vincoli storici, ma di ricordare che l’architettura urbana non è solo scenografia: è relazione tra persone e spazi. Se le piazze continueranno a essere pensate come superfici ordinate e “pulite” ma prive di vita, rischieranno di restare fotografie belle ma vuote. Se invece verranno concepite come luoghi di micro-riparatività, di socialità e di contatto con la natura, torneranno a essere ciò che sono sempre state: il cuore pulsante della comunità. In questo equilibrio tra estetica e vivibilità si gioca il futuro dei nostri spazi pubblici.

Commenti


bottom of page